Spesso mi concedo una passeggiata tra i suoi spazi silenziosi, ammirando ancora tutto il prezioso e paziente lavoro di Lorenza Colicigno e Tonino Lane.
Sono molto affezionata a NoiLab e alla Città delle Donne, amo questo luogo, amo anche loro.
Qui si dà vita e parola a donne, poetesse, letterate, visionarie: anime che hanno abitato la storia, la natura, l’arte.
Intorno a me tutto tace, come se anche l’aria fosse in ascolto di un mio gesto. Mi fermo, e lo sguardo corre verso la collina,là, maestoso e solitario, s’innalza un castello.
So a chi appartiene: a una donna venuta da un altro tempo, la cui vita fu breve e tormentata; reclusa nella sua stessa casa, punita per un amore inesistente, accusata di aver macchiato l’onore della famiglia. Un’esistenza murata nel silenzio. Isabella Morra.
Mi avvicino in punta di piedi, come si entra in un tempio o in un ricordo. 
Oltrepasso la soglia, e nel chiaroscuro della sala una figura sottile si staglia. Il suo sguardo ha il velo del tempo, la voce, la musica di un secolo lontano.
Isabella: «Oh… una visitatrice?»
Fiona: «Ciao, Isabella. Speravo da tanto di trovarti… di parlarti.»
Isabella: «Non sono abituata a sentire una voce diversa dalla mia. Dove sono? Riconosco le mura della mia prigione, ma tutto il resto mi sfugge… sei un’allucinazione? Sto forse sognando? Chi sei?»
Fiona: «No, Isabella, non stai sognando. Io sono reale.
Mi chiamo Fiona Saiman e ti trovi a NoiLab, la Città delle Donne, un luogo virtuale all’interno di un mondo anch’esso virtuale che porta il nome di Craft World. Siamo nell’anno 2025, e qui sei al sicuro, tra amici che desiderano solo una cosa: che tu possa vivere ancora, che la tua voce non resti più in silenzio.» Faccio una pausa, poi continuo con dolcezza:
Fiona: «Sai… oggi le donne, dopo lunghe battaglie, hanno conquistato il loro spazio — non solo in questo mondo, ma in tutti.
Devo però essere sincera: non per tutte è così. Ci sono Paesi dove le donne ancora lottano per ottenere i diritti fondamentali.
Ma il tempo in cui tu hai vissuto, con i suoi pregiudizi e le sue ingiustizie, appartiene ormai al passato.
Tu sei ancora presente nella memoria e nella storia: sei un simbolo di coraggio, sofferenza e resistenza, per aver osato pensare e parlare.
È per questo che sono qui — per offrirti finalmente la possibilità di esprimerti liberamente, senza catene. Ti andrebbe di rispondere a qualche domanda?»
Isabella: «Sei gentile… La Città delle Donne? Solo a sentirne il nome, mi si apre il cuore.
È verità ciò che dici: non sono mai stata interpellata. Ho subìto, sempre, mai ho potuto raccontarmi davvero, se non attraverso i miei versi… che però nessuno leggeva.
Ma… dopo potremmo passeggiare insieme?»
Fiona: «Certo, te lo prometto. Sarà un onore per me. Vieni, usciamo.» È una bella giornata estiva.
Scendiamo lungo il viale, allontanandoci dall’oscuro castello, dirigendoci verso un giardino fiorito, dove spiccano delle panchine rosse.
Isabella: «Che strane panche… perché sono rosse?»
Fiona: «Le panchine rosse sono un simbolo, Isabella. Rappresentano la lotta contro la violenza di genere, in particolare contro il femminicidio.
Sono dedicate alle donne che non ci sono più, a causa della violenza.
Il rosso richiama il sangue, ma anche il vuoto che la loro assenza lascia nella comunità.»
Isabella abbassa lo sguardo, turbata da ciò che ha appena appreso.
Poi, una volta sedute una accanto all’altra, le sorrido per rassicurarla. Lei ricambia con un timido sorriso.
Isabella: «Che cosa vuoi sapere, Fiona?»
Fiona: «So che ti stupirà trovarti in un tempo in cui noi donne possiamo leggere, scrivere, amare, senza chiedere permesso a padri o fratelli.
Che effetto ti fa?»
Isabella: «Non mi stupisco, cerco di capire.
Sai, anch’io ho avuto le mie occasioni di conoscere il mondo, ma era quello piccolo della corte dei Sanseverino, a Saponara, dove io e mio fratello Giovanni avevamo degli incarichi. Io come dama di compagnia, lui come responsabile dei giardini.
Durò poco quella parentesi dal silenzio del castello di Favale.
Io sognavo Parigi, la corte di Francia, dove mio padre e i miei fratelli potevano brillare, mentre io restavo nell’ombra, prigioniera di un luogo desolato e pettegolo. In questi luoghi, quando non c’è altro centro d’interesse che le persone — e soprattutto le donne — basta un soffio per generare scandalo. Io non ho dato scandalo, Fiona. Sono state le chiacchiere, solo perché avevo stretto amicizia con un signore e poeta spagnolo. Sai, i Morra erano filo-francesi, e il solo fatto di essere in contatto con uno spagnolo fu visto come un tradimento.
Quell’amicizia inventata mi costò la vita. Ma ora… qui, finalmente, mi sento libera.»
Fiona: «E questa tua gioia la sento anch’io. Ma se tu avessi avuto accesso a questo mondo, Isabella… con la tua mente, la tua voce, la tua fame di bellezza… come pensi sarebbe stata la tua vita?»
Isabella: «Il mio mondo “virtuale” è sempre stato la scrittura, la poesia. Grazie ad essa ho potuto sconfiggere l’isolamento e la solitudine.
Anche qui, in questo tempo, mi vedo sola, eppure capita che qualcuno si fermi ad ammirare il castello.
Mi osservano, usano il salone per le loro iniziative, ma mai nessuno, prima di te, aveva cercato il mio sguardo. È una sorpresa gradita.
Resta un po’ con me… magari leggiamo insieme i miei versi mai letti.»
Fiona: «Non è vero che non sono mai stati letti. Le tue parole sono arrivate fino a noi, la tua voce, spezzata ma non dimenticata, è ancora viva … te lo saresti mai immaginato?»
Isabella: «Sì, l’ho saputo da chi è venuto a visitare il castello e ha raccontato la mia storia,dal Cinquecento al Novecento i miei lettori furono pochissimi, ma forse uno bastò per tutti: un certo Giacomo Leopardi. Pare che nelle sue poesie ci siano echi delle mie parole — il mio “inferno solitario e strano” forse ispirò il suo “borgo selvaggio”.
E grazie agli studi di Benedetto Croce sono diventata un simbolo di libertà, sia per la mia fine tragica sia per la mia poetica.»
Fiona: «E se oggi potessi vivere in questo tempo, con un telefono in mano, scrivere versi, pubblicare libri senza chiedere approvazioni… saresti tentata o diffidente?»
Isabella: «Non ho mai cercato l’approvazione di un uomo. Ho cercato l’amore di mio padre, la sua stima, e ho desiderato brillare per ciò che valevo.
La poesia è stata la mia unica libertà, anche se mi costò la vita.
Se fossi nel tuo tempo, probabilmente cercherei un’editrice che comprendesse la mia voce. Pubblicherei, andrei alle fiere del libro, vincerei premi, forse diventerei famosa.
Ma tutto questo non basterebbe a rendermi felice, perché so che, in qualche angolo del mondo, ci sarà ancora un’Isabella che sogna di uscire dal suo castello.
Molte cose sono cambiate, ma non per tutte, purtroppo.»
Fiona: «Da prigioniera a finalmente libera… se potessi parlare a una ragazza che oggi si sente sola, soffocata, non ascoltata… cosa le diresti, tu che conosci il buio del silenzio forzato?»
Isabella: «Le direi che la scrittura salva. Che la parola è libertà, anche quando nessuno la ascolta. Che la mia disperazione è diventata forza, e che ogni verso scritto era un respiro strappato al dolore. Oggi potrei gridarlo, senza paura di essere giudicata. Potrei partecipare, insegnare, aiutare altre donne a non arrendersi.
Ma so che ancora, oggi, si continua a morire per essere libere.»
Fiona: «E domani, Isabella, cosa farai?»
Rimane in silenzio. Le labbra si muovono appena, come a trattenere un pensiero prezioso. Poi sussurra:
Isabella: «Farò ciò che so fare meglio: scriverò un sonetto. Un sonetto dedicato a te. Quando tornerai, lo troverai su queste pareti, tra gli altri miei versi, ma ora… andiamo, passeggiamo. Me lo hai promesso.»
Sorridendo come una bambina in attesa del suo dono, alzandosi mi tende la mano. la prendo e ci incamminiamo.
Isabella: «Lo scrivo, e lo appendiamo nel salone.»
Fiona: «Sai, Lorenza mi ha fatto leggere i tuoi versi. Durante un evento ti ho impersonata: ho indossato i tuoi abiti, raccolto i capelli come i tuoi, e nel farlo ho sentito tutta la tua tristezza e la frustrazione di una sorte ingiusta. Io al tuo posto mi sarei ribellata… e forse sarei morta anch’io. Mi accorgo che Isabella non mi sta più ascoltando, il suo sguardo si perde all’orizzonte, come se fosse lontana non la disturbo: forse sta già creando il sonetto per me. Niente di meno che Isabella Morra, in persona, scriverà per me!!
Camminiamo in silenzio. Le domande sono finite, ma molte ancora mi nascono dentro. Seguo il ritmo dei suoi passi; ogni tanto si ferma, mi guarda e sorride.
Sembra voler finalmente volare, libera, nel vento, auando all’improvviso, sussurra piano, come una cantilena:
«Senza più sbarre, né muri, né silenzi.»
Il giorno dopo torno a trovarla. Non la trovo. Sorrido — forse sta passeggiando per NoiLab, finalmente padrona del suo tempo. Ma al suo posto, sul muro del salone, c’è una pergamena.

Mi avvicino, il cuore in gola. È un sonetto, firmato da lei, con tanto di dedica: ” Un dono d’amicizia. Una voce ritrovata” Isabella Morra.
Per entrare nel Metaverso di Craft-World e visitare NoiLab hop://craft-world.org:8002/NoiLab/329/698/56
serve un software, noi consigliamo Firestorm OS che potrete scaricare QUI
e poi scegliere in base al vostro sistema operativo.
